
Misura traboccante
Come un ritornello il brano di questa VII domenica del tempo ordinario (Lc 6,27-38) ripete che anche i peccatori fanno allo stesso modo, lasciando quasi intendere che c’è un modo di fare che sembra normale e dovuto ma che in realtà è segnato dal peccato e che attraversa la vita di tutti. Come a dire, quindi, che ciascuno di noi è a rischio di fare esattamente come fanno e vivono tutti i peccatori. Amare chi ti ama, fare del bene a chi ti fa del bene, dare in prestito a chi ti restituisce sono tutte azioni logiche, ma, appunto, segnate dall’interesse personale e dalla ricerca di qualche vantaggio. Impostare la vita così vuol dire impostarla secondo la logica del mondo, quella che porta a dividere la realtà in buoni e cattivi, quella che porta sempre a schierarsi da una parte o dall’altra. Dalla lettura di questa pagina di vangelo, se non si è superficiali, non si può uscire che con le ossa rotte. Questa è la pagina che più segna la differenza tra il comportamento abitudinario degli uomini, ritenuto onesto e legittimo, e la direzione che il Vangelo vorrebbe imprimere alla realtà. Come poter almeno provare a colmare la distanza? Domanda legittima alla quale provare a rispondere. In caso contrario, se rifiutiamo almeno di provarci, accontentandoci della giustizia degli uomini, continueremo ad avere un mondo logico ma molto lontano dall’amore. Esattamente quello che abbiamo continuamente sotto agli occhi: un mondo dove la pace non viene cercata per creare una situazione nuova dove sia possibile rinascere, ma come occasione punitiva per qualcuno o al più un trattato che consenta lo sviluppo di nuovi affari e la possibilità di nuovi guadagni per altri. Se dovessimo applicare la logica del Vangelo alle grandi questioni internazionali di questi anni, dovremmo finire per accettare il fatto che basta essere prepotenti e forti per schiacciare l’altro e costringerlo a subire la resa chiamandola pace? Parrebbe proprio di sì, ma questo vorrebbe dire sopraffazione continua e, alla lunga, l’asservimento del mondo intero a pochi potenti. Cosa fare allora?
Accettare la sfida, partendo dalla dimensione individuale e relazionale, la sfida che il vangelo stesso ci pone ricordandoci che dobbiamo partire da qualcosa di impossibile: essere misericordiosi come il Padre, cioè come Dio. Appunto, una prospettiva impossibile e già irrealizzabile in partenza. Perché allora ci viene proposta? Perché comprendiamo che si tratta di camminare. Se è impossibile essere come Dio, può, però, essere possibile mettersi in tensione per andare verso quella direzione. Se stiamo fermi e accettiamo la logica del mondo nulla può cambiare; quando qualcuno, invece, accetta la sfida, pagando di persona e rischiando il proprio, allora nella realtà viene inoculato un virus buono che sovverte la logica e contesta con l’evidenza dei fatti il quieto vivere di chi continua a fare le cose che fanno tutti i peccatori.
«Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Non si tratta di banalizzare pensando a comunità cristiane inermi in cui va bene tutto e dove non si prende mai una posizione davanti al male, credendo così di essere giusti e misericordiosi, quando invece si risulta soltanto incapaci di aiutare le persone a crescere e a prendersi le proprie responsabilità. Il perdono è esigente e passa sempre attraverso l’accettazione della verità su se stessi. Da qui e solo da qui, la possibilità di nuovi cammini sempre attuabili perché frutto di un perdono vero, dato e ricevuto, e non del continuare a fare come se nulla fosse, esattamente come fanno tutti i peccatori.
Perché questa prospettiva diventi umanamente percorribile è necessario riconoscere che il Padre terrà conto della generosità messa in campo, di tutti gli sforzi compiuti, anche al di là della comprensione dei più, anche se nessuno dovesse riuscire a capire le ragioni di un modo di fare così sovversivo.